Il lombrico

Sono stanco.
Mi fermo un attimo a riposare. Mi fermo qui, in questo buco oscuro. In questo buco così familiare, così simile ai tanti che ho creato in vita mia. Così simile ai luoghi dove ho condotto la mia, per ora, breve esistenza. Un'esistenza inutile, noiosa, tutta uguale.
A dirla tutta, non è che abbia un gran bisogno di riposare. Non è che mi sia fermato per recuperare le forze: mi sono fermato solo perché non ho voglia di proseguire. Forse, mi sono fermato nella speranza che questa sosta possa troncare la monotonia.

Forse più che stanco, direi che sono annoiato. Annoiato da questi momenti tutti uguali, da questo tempo che non passa mai. O meglio... Annoiato dal tempo che passa senza che io riesca a rendermene conto. Il tempo passa, le cose cambiano, tutto scorre. E io, nel frattempo, continuo imperterrito a scavare gallerie sotterranee mordendo il terreno.
L'universo continua a muoversi e io, in principio, dovrei muovermi con lui. Eppure, a me sembra sempre di rimanere fermo. E non solo ora. Anche quando striscio in questo labirinto di sentieri che io e i miei simili abbiamo creato, ho l'impressione di rimanere fermo. Mi sembra che, sebbene tutto il mondo proceda verso non so quale obiettivo, io non avanzo con lui. Mi vedo inchiodato a una vita ripetitiva, sempre identica, in cui è difficile percepire il passare del tempo. In questa vita, è difficile credere che gli eventi siano limitati, abbiano un inizio e una fine ben definiti.
Non sono sicuro che mi possiate capire. Finora, tutte le volte che ho parlato di questo tema con alcuni anellidi che vivono sopraterra, mi sentivo sempre fuori luogo. Loro mi dicono che è banale percepire lo scorrere del tempo. Dicono che sia facilissimo vedere il sole che regolarmente illumina e riscalda le nostre vite. Chi può essere talmente stupido da non vederlo?
"Ebbene sì! Quell'idiota sta proprio davanti a voi... Il decerebrato che non riesce a vedere il sole è proprio il lombrico con cui state parlando!"
Se solo avessi il coraggio per usare queste parole di fronte a quei vermi così sfacciati! Mi piacerebbe avere il coraggio di dimostrargli che non sono così stupido e che non credo a nessuna delle fesserie che continuano a dire. Non credo al giorno e alla notte, non credo all'estate e all'inverno. Non credo neanche che esista il sole, perché, quando il terreno si fa talmente umido da diventare irrespirabile e sono obbligato ad andare sopraterra, non vedo nessuna palla luminosa nel cielo. Lassù, vedo solo paesaggi fatti di nuvole grigie e acqua che cade dall'alto. Anche lassù vedo solo paesaggi intrisi di quella monotonia che conosco fin troppo bene.

Eppure, quando vado sopraterra e mi trovo a parlare con gli anellidi che vivono lì, non sono affatto sicuro di me stesso. Ogni volta che ascolto le loro storie, riescono sempre a convincermi delle loro ragioni e a farmi sentire un povero sfigato. E non penso che sia la loro capacità dialettica (che tutto sommato, lascia un po' a desiderare) a farmi dubitare delle mie posizioni. Probabilmente, mi lascio suggestionare dalla descrizione dei loro luoghi, così amena, così idilliaca che quasi riesce a farmi dimenticare la piattezza di questo mio mondo sotterraneo.
E allora perché non riesco ad abbandonare queste gallerie? Perché quando ritorno da solo in questo terreno asciutto, ci ritorno con l'idea di rimanerci per sempre? Perché mi manca il coraggio di abbandonare questi luoghi? Se avessi visto il sole, anche solo una volta in vita mia, magari le cose andrebbero in maniera diversa. Invece, qui sotto, mi lascio condizionare dal dubbio che il sole possa non esistere. O dal dubbio che il sole possa essere completamente diverso da come me lo sto immaginando ora. Dalla possibilità che, anziché caldo e luminoso, il sole possa essere rovente e accecante. O peggio ancora: mi lascio condizionare dal dubbio che questo fantomatico sole, dopo averlo cercato e visto qualche volta, possa perdere tutto il suo splendore ed io possa ritrovarmi vittima della stessa monotonia di cui sono vittima ora.

Ho troppi dubbi. Troppe paure. Ho paura di vedere la fine delle cose. Forse il motivo è che, in questo mio piccolo, inutile universo, non ho mai visto finire nulla. Anzi... A dire il vero, una cosa con un inizio e una fine l'ho vista! Il mio apparato digerente ha un inizio e una fine. Dopo tanti stadi evolutivi infruttuosi, finalmente il nostro apparato digerente ha una bocca ed un ano ben distinti! Finalmente, possiamo alimentarci in maniera ottimale: nel lungo viaggio del metabolismo, il cibo che ci nutre percorre una strada a senso unico, con una partenza e un arrivo ben definiti.
Tuttavia, vantaggi evolutivi a parte, a causa di questo bellissimo tubo digerente, noi lombrichi diamo un significato piuttosto peculiare alla parola "fine". Crediamo che la conclusione di ogni cosa debba comportare un'inevitabile produzione di scarti. Crediamo sempre che portare a termine certe situazioni, certe faccende implica il doverle buttare via, il doverle abbandonare in un freddo e buio dimenticatoio. Vediamo sempre la fine come qualcosa di definitivo, distruttivo, irreversibile. E per questo ne abbiamo paura.
Eppure nessuno prima di noi provava questa paura. Nessuno prima di noi vedeva la distinzione tra la bocca e l'ano, nessuno capiva la differenza tra l'inizio e la fine delle cose. Avevano ragione loro?... Temo di sì. A pensarci bene, mi sembra quasi che non esista niente che nasca e niente che muoia davvero. Mi sembra che tutto cominci e si concluda soltanto nei miei pensieri, nelle mie impressioni.
Perché in fondo, ogni fine porta immancabilmente con sé un inizio. Per ogni suono che diventa silenzio, c'è un'altra musica che attacca. Per ogni luce che si spegne, c'è sempre un bagliore che affiora nell'oscurità. In questo universo dove tutto scorre, tutto cambia, tutto si muove, non esistono cose che iniziano e finiscono, esistono soltanto cose che si trasformano.

Forse è proprio questa perpetua trasformazione l'origine della nostra vita noiosa e tutta uguale. Ma per uscire da questa monotonia, anche solo momentaneamente, è necessario vedere la parola "fine" scritta su alcune pagine della nostra storia. Per uscire dalla monotonia, è necessario proseguire, senza fermarsi. Che io ci creda o no, per uscire da questo terreno asciutto e ripetitivo, è fondamentale avere un sole da seguire.
Che il sole sia reale o soltanto immaginario, questo non importa: importa solo avere qualcosa di caldo e luminoso da rincorrere.

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